La collezione del museo raccoglie circa tremile opere e ospita mostre temporanee, conferenze, laboratori. Proseguiamo la visita scoprendo quadri, sculture e installazioni che colpiscono l’immaginazione ed il pensiero come l’opera “Power tools” di Thomas Hirschhorn che occupa una sala intera con le sue installazioni varie, i cartelli con scritte che portano un messaggio di pace e di resistenza alla spersonalizzazione ed al conformismo del mondo ultratecnologico. Mi soffermo di fronte ai manichini, alle composizioni di chiodi, alle gigantesche asce ed ai cartelli sparsi come Be the best you can, Keep in culture, Love, Resistence: l’idea è di un work in progress pieno di contraddizioni, come le nostre società che evolvono (o involvono!) giustapponendo valori, drammi, speranze, guerre, ideali, invenzioni… Certamente sostando in quella sala si prova la strana impressione di far parte di un meccanismo complesso e di quanto la tecnologia sia potente, nel bene e nel male.
Mentre visitavamo le sale sempre più curiosi ed affascinati, Jesùs ci fa notare una signora in sedia a rotelle accompagnata da un gruppo di persone: si tratta di Helga, la fondatrice. Questa tedesca ottantaseienne giunse in Spagna giovanissima per imparare la lingua e a Madrid conobbe il futuro marito, Jaime de Alvear, un architetto di Cordoba che si dedicò a costruire case popolari per gli emigrati spagnoli di ritorno dopo la caduta del franchismo. L’amicizia con la socia Juana Mordò fu importante per la sua carriera così come l’incontro casuale con il presidente della giunta di Càceres, conosciuto tramite il proprietario del ristorante dove si era fermata a mangiare durante un viaggio in auto verso Lisbona. Al ristoratore aveva raccontato il suo sogno di donare la sua collezione ad un centro da istituire e lui la mise in contatto con le autorità locali. Fu così che le si aprirono le porte dell’Estremadura e lei si innamorò di questa cittadina medievale ed austera. Nel 2010 si inaugurò il centro, uno spazio architettonicamente interessante compreso il suo ampliamento, inaugurato nel 2021. Helga afferma: A mí me interesa el arte contemporáneo porque nos habla de nuestro tiempo y de nosotros mismos, porque crea y desarrolla lenguajes que pueden explicarnos, de manera nueva, el mundo que nos ha tocado vivir y del que a menudo sólo rozamos la superficie” (A me interessa l’arte contemporanea perché ci parla del nostro tempo e di noi stessi, perché crea e sviluppa linguaggi che ci possono spiegare, in modo nuovo, il mondo che ci è toccato vivere e di cui spesso sfioriamo solo la superficie).
di Richard Long (Land Art)
Continuamo la nostra visita in un turbinio di emozioni e riflessioni passando dal turbamento alla curiosità, dal divertimento alla contemplazione come nell’opera New Blood di Ingar Dragset e Michael Elmgreen davvero inquietante nel suo contrasto tra l’ispirazione ad una statua classica e la flebo collegata per una trafusione sanguigna.
Al termine della visita ci fermiamo di fronte all’impressionante opera di Katharina Grosse, Faux Rocks che occupa l’ultima sala e non resistiamo a scattare una foto di gruppo insieme alla guida che ci ha condotto in questo viaggio nell’arte contemporanea riuscendo a spiegarci con semplicità e passione il senso di questa collezione. Ci ritroviamo fuori, nei vicoli di Càceres per una cerveza e un’esplorazione notturna di questa cittadina che non finisce mai di stupirci.